L’ Arte del Kintsugi è una tecnica di restauro nata alla fine del 1400 a opera di alcuni ceramisti giapponesi. All’inizio veniva utilizzata per riparare semplicemente le tazze in ceramica utilizzate per la cerimonia del tè. Con il passare del tempo la pratica è applicata. A moltissimi altre suppellettili di ceramica che, a seguito di una rottura, necessitano di essere riparate. I Giapponesi sono riusciti, come sempre, a trasformare una semplice operazione di riparazione, in una lezione di vita e di spiritualità. Infatti da questa tecnica ancora oggi è possibile imparare molto se ne conosce e capisce lo spirito più profondo.

Arte del Kintsugi: storia di una tecnica meravigliosa

Viaggiare in Giappone significa anche conoscere alcune delle più affascinanti tradizioni millenarie che solamente il paese del Sol Levante è riuscita a regalare a questo mondo. Quindi, dopo aver appreso del kappa, lo yokai dei fiumi e degli stagni , degli omamori, i talismani giapponesi e delle bambole daruma è arrivato il momento d’imparare qualcosa anche sull’antica arte del Kintsugi.

Partiamo quindi da un po’ di storia. Questa tecnica trova origine nel periodo Muromachi, sotto lo shogunato di Ashikaga Yoshimasa (1435-1490). Tutto ebbe inizio quando lo shogun ruppe alcune delle sue tazze tenmoku. La riparazione delle tazze venne affidata ad alcuni ceramisti cinesi, che provvederono a sistemarle usando delle graffe di ferro.

Lo shogun però si arrabbiò moltissimo quando vide le tazze rovinate dalle graffe in ferro. Allora, alcuni ceramisti giapponesi provarono a porvi rimedio usando l’estetica del wabi sabi (visione giapponese del mondo basata sull’accettazione della transitorietà e dell’imperfezione delle cose). Gli artigiani utilizzarono alcuni materiali che avevano a disposizione come, ad esempio, la lacca urushi. Infine decisero di provare a ricoprire le linee di rottura con polvere d’oro. Yoshimasa apprezzò immensamente il risultato ottenuto perché le tazze, oltre a essere state riparate, avevano preso nuova vita. Le imperfezioni delle rotture erano state mutate in bellezza e avevano trasformato l’oggetto rendendolo unico al mondo.

Kintsugi: strumenti, materiali e tecnica

L’arte del kintsugi prevede l’impiego della lacca urushi, una materiale particolare derivante dalla pianta autoctona Rhus Verniciflua, farina di riso o di grano, tonoko, polvere d’oro e argento. La lacca è impiegata come collante, come stucco e come adesivo per la polvere d’oro. L’essiccazione della colla avviene nel muro, vale a dire un ambiente caldo a 25° C e che presenta un’umidità relativa attorno al 70-80%. Il periodo di essiccazione varia da tre giorni fino a una settimana.

Inizialmente le linee di rottura della ceramica sono stuccate e carteggiate per renderle lisce e uniformi. Poi viene passata a pennello la lacca urushi di colore rosso e su questa è fatta cadere la polvere d’oro.

Arte del Kintsugi

La tecnica si può suddividere in tre grandi passaggi:

  1. Hibi – significa “crepa” e, in questa fase, le crepe più semplici sono riparate
  2. Kake no Kintsugi Rei – “esempio di riparazione dorata del pezzo mancante” è il passaggio durante il quale un eventuale pezzo di ceramica mancante è ricostruito su misura usando lacca e oro
  3. Yobitsugi – è l’”invito ad aggiustarsi/unirsi”. Un pezzo appartenente a un’altra porcellana molto simile è utilizzato per riparare un primo oggetto.

Kintsugi filosofia, arte e trasformazione

Al di là della mera tecnica operativa utilizzata per aggiustare la ceramica andata in frantumi, dietro all’arte del Kintsugi si nasconde una vera e propria filosofia di vita. Non si tratta quindi, solo di un concetto artistico, ma di un pensiero e di una particolare visione del mondo.

La filosofia Kintsugi racchiude tre concetti principali:

  1. Mushin – significa “senza mente” e vuole esprimere la capacità di lasciar correre, dimenticandosi delle preoccupazioni e liberando la mente dalla continua ricerca della perfezione.
  2. Anicca – vuol dire “impermanenza” che, tradotto, rappresenta l’esistenza transitoria, evanescente e incostante. In pratica, ogni cosa è destinata alla fine. Chi riesce ad accettare questa grande verità, è anche in grado di affrontare serenamente e consapevolmente la vita stessa.
  3. Mono no Aware – rappresenta l’empatia verso gli oggetti che si traduce in una malinconia forte e profonda per le cose. Chi sa apprezzare la decadenza degli oggetti, arriva anche ammirarne la bellezza più profonda.

Questi tre principi, insieme, sono il cuore della filosofia e dell’arte del Kintsugi, che molto spesso è legata al concetto di resilienza.