Conoscete l’ultimo samurai? La storia dice che sia stato Saigo Takamori. Un uomo di alti valori che ha lottato per mantenere il Giappone con i valori di un tempo. Conosciuto per la sua tempra, il suo carattere e la battaglia di Shiroyama.
Storia che ha ispirato il film L’ultimo samurai (The Last Samurai) del 2003 diretto da Edward Zwick e recitato da Tom Cruise.
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Contesto storico
Tutto inizia con il 1853 quando il commodoro Perry costrinse il Giappone ad aprirsi al resto del mondo. Questo scombussolò non poco il sistema giapponese che per circa 250 anni era rimasto nel suo isolamento che vi aveva permesso di ottenere un certo equilibrio ma anche prosperità e pace.
L’apertura portò però una sorta di lotta per il potere che portò l’ascesa dell’imperatore Meiji nel 1868.
Anche se questa lotta per il potere c’era sempre stata e la soluzione era stata quella di sottomettere, tramite i daimyo o meglio signori feudali, la nobiltà. Tra i vari nobili si ergeva lo shogun che esercitava il suo potere dalla allora città di Tokyo, Edo.
Come detto, questa pace era abbastanza fragile e la si sentiva scricchiolare soprattutto nella parte occidentale dell’Honshu e nelle isole di Shikoku e Kyushu. Il malcontento non veniva solo dai daimyo ma anche dai contadini che era alquanto pressati dal regime fiscale.
Diversi daimyo presero la balla al balzo per criticare lo shogunato e la sua debolezza. È qui che prende parte il ruolo dell’ultimo samurai: Saigo Takamori.
L’ultimo samurai: nascita e primi anni di vita
La città natale dell’ultimo samurai, Saigo Takamori, si chiama Kagoshima che si trova nell’omonima prefettura.
Sin da piccolo emersero i tratti del suo carattere: autocontrollo, energia, sincerità e lealtà. Altra cosa che lo evidenziava era la grandezza del suo corpo grande quasi quanto quello di un lottare di sumo.
L’ultimo samurai divenne famoso nella capitale per i suoi modi fare spesso rudi ma sinceri e per il suo distaccamento dai beni materiali e la sua devozione al Giappone. Un triste evento, compiuto insieme ad altri samurai, lo portò però a vivere un esilio di cinque anni in quanto si oppose allo shogunato.
Fu però graziato nel 1864 quando aveva trentasei anni ma rimase legato alla sua posizione. In questo periodo fu anche nominato ministro della guerra di Satsuma.
Negli anni 1868-1869, l’ultimo samurai o meglio Saigo Takamori, con il suo esercito di circa 4.000 samurai sconfisse quello dei 20.000 soldati del bakufu conquistando il castello di Edo e permettendo la conquista dello shogunato.
La vittoria gli permise di chiedere la restaurazione dell’imperatore Meiji come capo dello stato che avrebbe poi permesso, secondo loro, la restaurazione del potere nelle mani dei samurai e della nobiltà. Anche se Saigo Takamori ed altri erano meno radicali e avrebbero voluto solo dei limiti sulla presenza degli occidentali in Giappone, una modernizzazione parziale che conservasse l’essenza del Giappone di allora e che l’esercito rimanesse nelle mani della classe samurai.
Ma c’era ancora chi voleva modernizzare il Giappone, fallo diventare come gli altri paesi occidentali, un esercito aperto a tutti. Tra chi portava questa posizione ricordiamo Okubo Toshimichi amico dell’ultimo samurai, Saigo Takamori.
Saigo Takamori e gli altri traditi dal governo
Fu evidente però che l’ultima posizione ebbe il sopravvento. Ciò portarono all’apertura dell’amministrazione centrale e del governo a tutte le classi sociali e nel 1872 alla creazione di un esercito composto anche da contadini che erano guidati anche da non samurai. Fu imposto anche il divieto dell’uso pubblico della katana che era il simbolo stesso dell’autorità dei samurai.
Queste scelte fecero tremare non poco il sistema giapponese che sino ad allora era sempre stato gerarchico e feudale.
Da questo periodo in poi Saigo Takamori, l’ultimo samurai, fu guardato dagli altri samurai come loro leader.
L’ultimo samurai all’inizio si ritirò per tre anni nella sua città natale, Kagoshima. Qui trascorse questo tempo lontano dalla vita pubblica. Nel 1871, l’amico Okubo gli chiese di rientrare nel governo come consigliere e divenne così un sangi.
Non gli bastò neanche la promozione ricevuta nel 1873 come comandante militare a cambiare il suo disprezzo verso il nuovo sistema e verso i suoi colleghi che pensava fossero corrotti.
Si creò in questo periodo anche una sorta di aura leggendaria attorno a lui. L’ultimo samurai era uno infatti che disprezzava i beni materiali, credeva nel lavoro duro, disprezzava la classe dirigente e portava avanti il suo motto 誠心 (makoto gokoro) o meglio “cuore sincero”.
La rottura e le ribellioni
Il motivo della rottura ci fu nel 1873 quando i rapporti con la Corea si deteriorano quasi del tutto. L’ultimo samurai avrebbe voluto uno scontro armato ma l’amico Okubo si oppose. Prevalse la seconda posizione in quanto si pensava che il Giappone non avesse ancora un esercito pronto ad affrontare una guerra vera e proprio.
Saigo decise quindi di dimettersi da tutti gli incarichi e ritornò a Kagoshima. Le dimissioni furono però presentate in maniera molto forte e l’ultimo samurai manifestò con forza l’indignazione nei confronti dell’imperatore e del sistema.
A Kagoshima Saigo iniziò delle scuole in cui insegnava ai giovani i principi dei samurai e comprò anche delle moderne armi dagli inglesi.
Il governo giapponesi saputo ciò si allarmò e nel 1873 incaricò il principe Sanjo di fargli arrivare la proposta di rientrare nel governo. La reazione dell’ultimo samurai, Saigo Takamori fu molto forte e si dice che usò parole di un certo peso che non furono naturalmente riferite all’imperatore.
Iniziò così il periodo delle ribellioni. La prima guidata da un giovane seguace di Saigo, Eto Shinpei, finì con la sua decapitazione e l’esposizione pubblica della relativa testa. Mai ad un samurai era stato fatto un affronto così grande.
Due anni dopo duecento samurai di nuovo arrabbiati per le scelte del governo che abbracciavano sempre di più le idee straniere creò un movimento chiamato Shinpuren. Questi poi attaccarono la fortezza di Kumamoto ma furono sconfitti. I sopravvissuti fecero poi seppuku o meglio il rito in cui si squarciarono con la propria spada il ventre.
A queste seguirono le ribellioni di Hagi e di Fukuoka entrambe vane. Anche qui i samurai scelsero a fine battaglia il seppuku.
L’ultimo samurai e la battaglia di Shiroyama
Il governo capì che doveva tenere sottocchio l’ultimo samurai, Saigo Takamori, e iniziò ad armarsi.
Quest’ultimo aspettò prima di agire ma il punto di non ritorno ci fu quando uno dei suoi seguaci attaccò un arsenale importante del governo.
L’ultimo samurai nei giorni tra il 17 febbraio e il 24 settembre 1877 con un esercita di ventimila samurai e ronin, samurai senza padrone, affrontò l’esercito imperiale composto da circa sessantamila soldati. Quest’ultimo esercito era composto da soldati da poco addestrati, guidati da Okubo ma meglio equipaggiati.
Dopo varie battaglie l’ultimo samurai si rifugiò con il suo esercito ormai decimato sulla montagna di Shiroyamavicino Kagoshima. Qui il 24 settembre fu assediato dall’esercito di Okubo.
L’esercito di Saigo resistette più che potette ma poi l’ultimo samurai ferito all’inguine morì poco più tardi, forse facendo seppuku anche lui. Il comandante in seconda, Beppu Shinsuke, gli tagliò la testa la nascose e poi caricò l’esercito imperiale. Ciò che restava dell’esercito dell’ultimo samurai fu bombardato, la testa di Saigo fu ritrovata e portata a Tokyo come prova della sua morte.
La leggenda di Saigo Takamori
La sconfitta però porto ad alimentare il mito sulla figura di Saigo Takamori. C’era chi pensava che non fosse stato sconfitto ma che si fosse nascosto in Russia.
Nel vostro viaggio in Giappone, se vi troverete a Ueno non potrete fare di vedere la statua fatta in suo onore. Nella statua fatta dallo scultore Koun Takamura il samurai posa con il suo cane “Tsun” come se stesse per andare a caccia di conigli.