Il bonenkai (忘年会) non è una vera e propria festa nazionale ma è un evento culturale molto sentito in Giappone.

A differenza delle altre festività giapponesi e forse qualcosa che appartengono al calendario ufficiale giapponese queste feste seguono più la voglia dei giapponesi di stare insieme e di condividere del tempo in gioia e bevendo.

Come è perché si festeggia il bonenkai

Innanzitutto, non bisogna aspettarsi da questa festa un qualcosa in cui si indossano abiti caratteristi. Il bonenkai è più un qualcosa tipo uomini in giacca e cravatta che brindano durante gli ultimi giorni dell’anno. Infatti, di solito lo si festeggia proprio tra colleghi ma si può celebrare anche con gli amici.

Al bere naturalmente si uniscono anche altre tradizioni e consuetudini come quelle della soba, i tipici spaghetti di grano saraceno della cucina giapponese, o dello scambio dei regali.

Abitualmente la festa del bonenkai si svolge in un izakaya e se la festa promossa dall’azienda di solito i costi sono sostenuti da loro. Può capitare però che ognuno possa mettere una quota stabilita.

Ma perché si festeggia il bonenkai? Il fine è quello di ringraziare i propri colleghi per il lavoro condiviso insieme e come avviene in tutte le parti del mondo: ringraziare per l’anno che sta finendo e affidare e augurarsi un anno migliore in quello che verrà.

L’origine della festa

Precedentemente questa festa, in particolare nel periodo Muromachi, si chiamava “toshiwasure” (年忘れ) che significa “dimenticare l’anno”. La festa era celebrata solo da aristocratici e samurai e veniva trascorso ascoltando canzoni e poesie.

Ma solo nel periodo Edo viene introdotta la vera e propria parola “festa di fine anno”. Già da allora la festa si svolgeva soprattutto bevendo insieme.

Nel periodo Meiji invece il bonenkai è diventato quello che i giapponesi vivono tutt’oggi.

Fu solo durante questo periodo che iniziarono le rumorose feste di fine anno che si possono ancora durante questi giorni in Giappone.

Uno dei primi a parlarci del bonenkai è stato il famoso autore Natsume Soseki nel libro “Io sono un gatto”.

“Quel giorno a Mukojima, a casa di un conoscente, c’è stata una festa di fine anno con tanto di concerto, Io dovevo suonare il violino. È stata una festa splendida, c’erano quindici o sedici signore e signorine, tutto era così ben organizzato che si può dire che sia stato l’evento mondano più riuscito degli ultimi tempi. Finito di cenare e di suonare, ci siamo messi a parlare di tante cose e si è fatto tardi”.

Anche se durante la festa si bevono alcolici i giapponesi tendono sempre ad essere educati e cercare di non disturbare gli altri e di mantenere il più possibile il self control.