Continuiamo l’articolo che parlava di Fernao Mendes Pinto analizzando meglio chi sono stati i primi portoghesi in Giappone ed in particolare il suo viaggio.

I primi portoghesi in Giappone non sono stati solo commercianti ma anche missionari dediti all’evangelizzazione. Il loro arriverà segnerà l’apertura del Giappone all’Occidente.

L’arrivo dei portoghesi in Giappone nel 1542

I portoghesi arrivarono sul suolo giapponese nel 1542 ma non possiamo escludere che si fossero incontrati, o semplicemente avvistati, prima nei mari dell’Asia orientale. In questi il Giappone manteneva relazioni commerciali con le isole Luchu (le attuali isole Ryukyu, dove si trova Okinawa, e le isole Nansei) che a loro volta commerciavano con l’Indonesia e la Malesia, dove i portoghesi erano già presenti.

Il bakufu dell’epoca crollò durante il governo di Ashikaga Yoshimasa (1449-1473) in concomitanza con la guerra Onin. 

Questa guerra iniziò quando ci fu una disputa per la successione al titolo di shogun, tra due vassalli dello shogunato, gli Hosokawa e gli Yamaha, e si concluse nel 1447. Fu questo uno dei conflitti più violenti e sanguinosi della storia del Giappone dell’epoca. Questa guerra interessò l’intero paese nipponico in quanto i signori locali (shugo) si schierarono a favore dell’una o dell’altra famiglia. In questo conflitto furono state distrutte persino Kyoto e la capitale Muromachi. Purtroppo, anche al termine della guerra le ostilità non finirono: iniziò un periodo che prende il nome di Sengoku, noto per le costanti lotte intestine e l’instabilità politica.

In questo periodo assistiamo così al fenomeno del gekokujo (下克上) o meglio tradotto come “dominio degli inferiori sui superiori”. Assistiamo, pertanto, alla scomparsa delle importanti famiglie feudali che furono sostituite da piccoli signori locali; si ebbe così l’ascesa dei sengoku daimyō (戦国大名) che erano dei signori feudatari completamente autonomi dal bakufu.

Daimyo
Daimyo in battaglia

È il momento storico in cui assistiamo anche all’emancipazione di un piccolo numero di agricoltori, ad un aumento di mercanti e banchieri, al proliferare di ji-samurai, costituiti da indipendenti combattenti locali che cominciarono a unirsi dando inizio a un nuovo processo di accentramento del potere.

Alla luce dei progressi dell’agricoltura e dell’industria l’economia crebbe molto. I daimyō, infatti, promossero il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni di ciascuna a provincia. Su tutto il territorio giapponese, in particolare dove i corsi d’acqua erano scarsi, si provvide al mantenimento delle strade e si costruirono stazioni di sosta, dove i corrieri potevano rifornirsi di cibo e i vari mezzi di trasporto proseguire il viaggio.

Restava, purtroppo, uno dei motivi più importanti cioè la sicurezza dei trasporti, ciò portava i mercanti a viaggiare in gruppo. A questo si aggiunge che i dazi erano onerosi e i controlli serrati. Veniva privilegiato però il commercio marittimo nel mare interno di Seto. Invece, per quanto riguarda la navigazione per il mare del Giappone questa era limitato a causa delle tempeste e della carenza di porti sicuri. Quest’ultimo inizio a crescere durante il XV secolo.

I portoghesi organizzano il loro viaggio

Continuando la storia dei primi portoghesi in Giappone ecco l’arrivo di Fernao Mendes Pinto.

Fernao Mendes Pinto affermava di essere arrivato in Giappone nel 1542, in un “regno” di nome Bungo. Questa provincia all’epoca si trovava nell’isola di Kyushu ed era lontana dai centri di attività politica. Comunque, in questo periodo anche i feudi di questa zona remota assistettero ad una fioritura culturale e artistica dovuta soprattutto al fatto che i daimyō avevano radunato presso le loro corti artisti e letterati. Questo permise uno sviluppo di una cultura tradizionale del paese e, in alcune province, di una propria.

Così, mentre il bakufu Muromachi crollava definitivamente e nuove figure si affacciavano sulla scena politica, mercanti e, successivamente, anche missionari portoghesi arrivarono alle coste giapponesi portati da una tempesta simile a quelle che pochi secoli prima aveva salvato il Giappone dalle truppe di Kublai Khan.

La partenza per il Giappone dei portoghesi

Il viaggio per il Giappone di Fernão Mendes Pinto inizia dal porto di Huzuangué (l’attuale città di Hanoi) il 12 gennaio 1542. L’intenzione era quella di tornare a Malacca. Durante il viaggio Fernão Mendes Pinto e suoi sette compagni sostarono nella città di Quangeparu (forse la città di Kwang Yen). Qui vi rimasero per dodici giorni e poi partirono per Sanchao (forse l’isola Shang-Chuang in Cina), dove scoprirono che la nave diretta a Malacca era già partita nove giorni prima. Andarono quindi al porto di Lampacau, dove trovarono due navi. Qui gli otto si divisero a seguito di una diatriba, su un tema non indicato ma molto acceso. Successivamente si riappacificarono ma ormai non vi erano più navi a disposizione.

Dovettero aspettare che nell’isola giunse un corsaro di nome Samipochea che era in fuga da una flotta nemica che gli aveva già preso ventisei delle ventotto navi che aveva con sé. Arrivato al porto con le sue due navi e tanti feriti e poche persone in grado di gestire le due navi. I portoghesi furono obbligati ad aiutarlo ma si guadagnarono un posto sulle navi: Fernão Mendes Pinto. e altri due portoghesi (più avanti nella narrazione scopriremo essere Diogo Zeimoto e Cristóvão Boralho) sulla nave comandata da Samipochea, mentre gli altri cinque portoghesi sull’altra, comandata dal nipote del corsaro.

Il viaggio dei primi portoghesi in Giappone

Il viaggio non fu facile! Furono attaccati da un ladrão e dalle sue sette navi. La sua nave riuscì a fuggire ma l’altra rimase indietro. Continuarono il viaggio per altri tre giorni, quando furono sorpresi da una tempesta che ebbero problemi a gestire in quanto il timoniere era stato ucciso durante il combattimento con un ladro. Cercarono di arrivare all’isola dos Lequios (attuale Taiwan) senza successo. A causa del vento e il mare agitato finirono fuori rotta e rimasero ventitré giorni in mare finché avvistarono:


Fernao Mende Pinto

terra, e avvicinandoci a questa per vedere se vi erano tracce di porto o di un attracco sicuro, avvistammo nella parte sud, quasi all’orizzonte del mare, un grande fuoco, per cui immaginammo dovesse essere abitata da qualche popolo che a cambio del nostro denaro ci desse acqua, che scarseggiava tra noi”.

— Fernao Mendes Pinto, Peregrinazione

Qui Fernão Mendes Pinto per ingraziarsi i signori locali, e da buon commerciante, disse diverse bugie come quella che il Portogallo era più grande e possedeva più ricchezze della Cina o come quella in cui il re del Portogallo avesse conquistato quasi tutto il mondo. La terza, la più grande di tutte:


“La terza, che il nostro re era così ricco d’oro e d’argento, che si diceva che avesse più di duemila case riempite fino al tetto, e a questo abbiamo risposto che del numero di duemila case, non eravamo certi, per essere la terra e il regno stesso così grandi, e avendo così tanti tesori e popoli, che era impossibile dirlo con certezza“.

— Fernao Mendes Pinto, Peregrinazione

Fernão Mendes Pinto fece quattro viaggi in Giappone:

1) 1542-1543, primo viaggio in Giappone con i compagni Diogo Zeimoto e Cristóvão Borralho. È il viaggio in cui sono introdotte le armi da fuoco.

2) 1546, secondo viaggio sulla nave di Simão de Melo, dedicato al commercio. 

3) 1551-1553 terzo viaggio in Giappone, sulla nave di Duarte da Gama. Il viaggio si conclude con la morte del padre Francisco Xavier.

4) 1554/1556 quarto e ultimo viaggio in Giappone. Avvenuto nell’epoca dell’avvicinamento di Fernão Mendes Pinto alla Compagnia di Gesù, in cui partecipa ad una missione evangelizzatrice, sebbene egli svolga un ruolo di mediatore, per stabilire relazioni commerciali tra il Giappone e il Portogallo.